Validi gli accordi patrimoniali tra coniugi in previsione della crisi matrimoniale

Sono catalogabili, secondo i giudici, come contratti atipici con condizione sospensiva lecita, espressione dell’autonomia negoziale diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela, a patto, però, che non riguardino diritti indisponibili e non contrastino con norme inderogabili

Validi gli accordi patrimoniali tra coniugi in previsione della crisi matrimoniale

Riconosciuta la validità degli accordi patrimoniali tra coniugi in previsione della crisi matrimoniale. Questa, in sintesi, la decisione (ordinanza numero 20415 del 21 luglio 2025 della Cassazione) con cui i magistrati hanno chiuso il contenzioso tra una coppia di ex coniugi in merito alla merito alla legittimità di una scrittura privata da loro firmata e con cui veniva, in sostanza, sancito il diritto della donna a percepire, in caso di rottura, una cifra di poco inferiore ai 150mila euro.
Per i giudici non ci sono dubbi: sono validi gli accordi tra coniugi che regolamentano i loro rapporti patrimoniali in caso di fallimento del matrimonio, configurandosi come contratti atipici con condizione sospensiva lecita, espressione dell’autonomia negoziale diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela, a patto, però, che non riguardino diritti indisponibili e non contrastino con norme inderogabili.
Nella specifica vicenda si è fatto riferimento alla scrittura privata con cui l’uomo, dopo aver riconosciuto che la consorte aveva contribuito con il proprio stipendio al benessere della famiglia e al pagamento del mutuo contratto per la ristrutturazione dell’appartamento solo a lui intestato e dopo avere ammesso che la somma depositata in un conto corrente proveniva dall’eredità dei di lei genitori, dichiarava che, in caso di separazione, sarebbe divenuto debitore nei confronti della donna della somma di 146mila e 400 euro, mentre, dall’altro lato, la donna rinunciava, in favore dell’uomo, ad alcuni beni mobili (imbarcazione, arredo dell’appartamento, somme di denaro depositate in conto corrente).
In generale, si discute della validità dei patti tra coniugi, in previsione della crisi familiare, volti a stabilire in che modo debbano essere regolati i loro rapporti personali e patrimoniali nel momento in cui dovese sopravvenire una crisi matrimoniale. In questa ottica è stata via via valorizzata l’autonomia negoziale privata dei coniugi, anche nella fase patologica della crisi, essendosi riconosciuta a moglie e marito la possibilità di concordare le condizioni per la regolamentazione della crisi stessa.
In particolare, pur ribadendosi l’orientamento secondo cui gli accordi con i quali i coniugi fissano in sede di separazione il regime giuridico dei futuro ed eventuale divorzio sono nulli per illiceità della causa, anche nella parte in cui concernono l’assegno divorzile, che per la sua natura assistenziale è indisponibile, in quanto diretti, implicitamente o esplicitamente, a circoscrivere la libertà di difendersi nel giudizio di divorzio, va precisato che è valido l’accordo che ha la funzione di porre fine ad alcune controversie di natura patrimoniale insorte tra i coniugi, senza alcun riferimento, esplicito o implicito, al futuro assetto dei rapporti economici tra i coniugi conseguenti all’eventuale pronuncia di divorzio.
I giudici sottolineano poi che il fallimento del matrimonio non è causa genetica dell’accordo, ma mero evento condizionale
Tornando alla specifica vicenda, essa ha riguardato un accordo assunto dai coniugi successivamente alla separazione e in vista del futuro divorzio.
Ciò detto, va tenuto presente che, in caso di separazione consensuale o divorzio congiunto, il provvedimento incide sul vincolo matrimoniale ma, sull’accordo tra i coniugi, realizza – in funzione di tutela dei diritti indisponibili del soggetto più debole e dei figli – un controllo solo esterno, attesa la natura negoziale dello stesso accordo, da affermarsi in ragione dell’ormai avvenuto superamento della concezione che ritiene la preminenza di un interesse, superiore e trascendente, della famiglia rispetto alla somma di quelli, coordinati e collegati, dei singoli componenti. Ne consegue che i coniugi possono concordare, con il limite del rispetto dei diritti indisponibili, non solo gli aspetti patrimoniali, ma anche quelli personali della vita familiare, quali, in particolare, l’affidamento dei figli e le modalità di visita dei genitori.
La scrittura in parola risulta perfettamente lecita, secondo i magistrati, poiché prevede un riconoscimento di debito in favore della moglie, a fronte dell’apporto finanziario da lei fornito per il restauro dell’immobile di proprietà del marito e per l’acquisto del mobilio e di beni mobili registrati, ma riconosce anche al marito un’imbarcazione, un motociclo, l’arredamento della casa familiare nonché una somma di denaro, regolamentando in modo libero, ragionato ed equilibrato l’assetto patrimoniale dei coniugi in caso di scioglimento della comunione legale.
Codice Civile alla mano, poi, è nullo il contratto al quale è apposta una condizione, sospensiva o risolutiva, contraria a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. Tale ipotesi non ricorre, però, in questa vicenda, in quanto la condizione sospensiva, precisano i giudici, è certamente lecita. Infatti, pur essendo pacifico che la consegna o un prestito di denaro tra coniugi avviene generalmente nella riservatezza della vita familiare, non c’è nessuna norma imperativa che impedisca ai coniugi, prima o durante il matrimonio, di riconoscere l’esistenza di un debito verso l’altro e di subordinarne la restituzione all’evento, futuro ed incerto, della separazione coniugale.

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