Mantenimento dei figli: decisivo il rapporto interno fra i genitori

Necessario adempiere ai propri obblighi nei confronti dei figli, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la propria capacità di lavoro, professionale o casalingo, valutando altresì i tempi di permanenza del figlio presso l’uno o l’altro genitore e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno

Mantenimento dei figli: decisivo il rapporto interno fra i genitori

In materia di contributo al mantenimento dei figli, che si caratterizza per la sua bidimensionalità, da una parte, vi è il rapporto tra i genitori ed i figli, informato al principio di uguaglianza, in base al quale tutti i figli – indipendentemente dalla condizione di coniugio dei genitori – hanno uguale diritto di essere mantenuti, istruiti, educati e assistiti moralmente, nel rispetto delle loro capacità, delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni, e, dall’altra, vi è il rapporto interno tra i genitori, governato dal principio di proporzionalità, in base al quale i genitori devono adempiere ai loro obblighi nei confronti dei figli, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la propria capacità di lavoro, professionale o casalingo, valutando altresì i tempi di permanenza del figlio presso l’uno o l’altro genitore e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno.
Questi i principi ribaditi dai giudici (ordinanza numero 19749 del 16 luglio 2025 della Cassazione), i quali hanno perciò confermato, a chiusura della vicenda presa in esame, l’obbligo imposto all’uomo in Appello, e cioè versare all’ex moglie 1.600 euro come contributo complessivo per il mantenimento delle due figlie. Decisivo, in questa ottica, innanzitutto il riferimento all’entità del patrimonio dell’uomo, allo squilibrio tra i redditi e i patrimoni dei due genitori e alla circostanza che l’uomo non provvede mai al mantenimento diretto delle figlie, che, peraltro, rifiutano di incontrarlo. Su quest’ultimo punto, comunque, i giudici sottolineano che la mancata frequentazione del padre, da parte delle due figlie, è da ascrivere alle condotte da lui tenute.
In sostanza, l’entità dell’assegno di mantenimento dovuto dal padre è stato giustamente stabilito prendendo in considerazione gli indici indicati, cioè vagliando le posizioni reddituali dei genitori e accertando la situazione di assenza del padre nella vita delle figlie, assenza che assume un peso significativo nella determinazione dell’assegno di mantenimento, senza poi dimenticare le accresciute esigenze delle due ragazze in ragione dell’età rispetto all’epoca della separazione.
Corretta e confermata in Cassazione, quindi, la decisione emessa in Appello, e assolutamente lineare con quanto previsto dal Codice Civile, secondo cui, salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, e il giudice può stabilire, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando; le attuali esigenze del figlio, il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori, i tempi di permanenza presso ciascun genitore, le risorse economiche di entrambi i genitori, la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

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