Basta un unico episodio di violenza per addebitare la separazione

Chiara l’ottica adottata dai giudici: condotte violente ai danni di un coniuge sono violazioni gravissime dei doveri nascenti dal matrimonio

Basta un unico episodio di violenza per addebitare la separazione

Le condotte violente di un coniuge nei confronti dell’altro coniuge o dei figli costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé, non solo la pronuncia di separazione personale ma anche la dichiarazione di addebito al loro autore. E tali condotte sono insuscettibili di essere poste a fondamento del giudizio di comparazione con le condotte dell’altro coniuge e non rileva la loro posteriorità rispetto alla situazione di globale conflittualità fra i coniugi.
Questi i punti fermi fissati dai giudici (ordinanza numero 19705 del 16 luglio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame lo scontro tra due ex coniugi in merito all’addebito della separazione a carico dell’uomo.
Riflettori puntati, nella specifica vicenda, su un singolo grave episodio di violenza compiuto, a matrimonio in corso, dal marito ai danni della consorte. Quell’episodio non è però sufficiente, secondo i giudici d’Appello, per addebitare all’uomo la separazione, poiché, viene rilevato, la donna aveva già abbandonato la casa coniugale e quindi è mancata la prova del nesso causale tra l’unico fatto provato attribuito all’uomo e la conclamata crisi coniugale, manifestatasi in epoca di gran lunga precedente.
Questa visione viene però censurata dai magistrati di Cassazione, i quali, accogliendo le obiezioni sollevate dalla donna, osservano che la incontestata gravità del singolo episodio, avvenuto in costanza di matrimonio, anche ove ritenuto posteriore ad una situazione di globale conflitto tra i coniugi, sarebbe sufficiente a fondare la pronuncia di addebito a carico dell’uomo.
Irrilevante, secondo i giudici, il riferimento alla denuncia con cui, in epoca precedente alla condotta violenta dell’uomo, la donna ha spiegato le ragioni che la inducevano a lasciare il domicilio coniugale perché la convivenza era diventata insostenibile e penosa e per difendere la sua integrità personale. Anzi, tale circostanza – e cioè la scelta di formalizzare proprio con una denuncia le ragioni dell’allontanamento – e il contenuto della denuncia – che lascia trasparire un quadro di relazioni familiari, quanto meno, segnato gravemente sul piano psicologico e fisico – è stata immotivatamente ritenuta ininfluente, nonostante non risulti alcuna smentita e nonostante la gravità e la delicatezza della decisione ivi manifestata dalla donna, che avrebbe dovuto essere apprezzata unitamente a quanto avvenuto successivamente, ossia il comportamento violento dell’uomo.
Logico, infine, secondo i giudici, il richiamo al principio secondo cui la dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità della ulteriore convivenza.

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